STORIA DELLA CHIRURGIA PLASTICA

La storia della chirurgia plastica inizia fin dai tempi antichi. Ne troviamo infatti cenno nei testi sacri indiani Veda e nel Corpus Hippocraticum.

E' in India (900 anni a.c.) che si fa risalire la pratica della chirurgia plastica: nei testi sacri, i Veda vi sono riferimenti espliciti a tentativi di innesti cutanei per fini ricostruttivi. Images Images Mentre secondo alcuni questa disciplina sarebbe nata al fine di ricostruire o riparare parzialmente determinate parti del corpo danneggiate a causa dell'usuale pratica indiana della "mutilazione giudiziaria" (ossia l'amputazione di parti del corpo, tra cui principalmente il naso, in seguito alla trasgressione di alcune leggi Manu), altri reputano che la chirurgia plastica, inizialmente, vide la luce per ricostruire i lobi lacerati delle orecchia, danneggiati dall'eccessivo uso di orecchini estremamente pesanti. Per far cio' veniva utilizzato il cosiddetto metodo indiano: per la ricostruzione dell'orecchio il medico prelevava un lembo di guancia, sterilizzata con acqua calda e farina di riso fermentata, e successivamente la impiantava nella zona danneggiata usando miele, burro e polvere di argilla cotta, il tutto coperto da vari strati di lino e cotone; per la ricostruzione del naso, effettuata per primo da Sushruta (definito iniziatore della chirurgia, tra cui anche quella estetica, vissuto tra l'800 e il 600 a.c.) si prelevava una parte del tessuto cutaneo sulla fronte del soggetto e successivamente tale lembo lo si ruotava e modellava sul naso per ricostruirne il dorso, le narici e la punta. Il Sushruta Samhita, documento del chirurgo indiano Sushruta, e' da considerarsi il primo vero trattato di chirurgia plastica. In esso Sushruta descriveva anche le procedure di cauterizzazione, di amputazione, di suturazione, l'arte della flebotomia e l'arte dell'estrazione.

In Grecia, nel Corpus Hippocraticum (collezione di circa settanta opere che trattano vari temi, tra cui spicca la medicina, scritte in greco antico nel corso di vari secoli e aggregate tra di loro in un'epoca imprecisata), Ippocrate fa riferimento a deformita' e malformazioni del volto, citando tecniche ricostruttive derivanti proprio dall'India.

Nell'antica Roma poi, due dei piu' grandi medici del tempo, Galeno e Celso, si interessarono di ricostruzioni a fini estetici, tra cui correzioni del labbro, interventi alle orecchie e al naso. Con il crollo dell'Impero Romano la chirurgia, applicata nei campi di battaglia e sui gladiatori, ebbe una fase di stallo.

Fu nell'XI secolo, grazie all'intensificarsi dei rapporti tra Oriente e Occidente, che si avvio' un sincretismo culturale che diede grandi risultati anche in ambito medico. L'arrivo degli arabi nella penisola porto' con se' anche l'arte e le tecniche mediche da loro praticate. La Scuola salernitana e' forse da considerarsi l'esempio piu' emblematico di questo periodo di fusione del sapere medico arabo, latino, greco ed ebraico. In questa fase la pratica medica era affidata alla classe religiosa. Erano i chierici coloro che si dedicavano a a quest'arte rifacendosi all'antico spirito di carita', che in prima cosa doveva essere materiale.

A partire dal XIII secolo pero', al clero fu impedito di praticare l'arte chirurgica, ritenendo che quest'attivita' distogliesse i religiosi dalle loro pratiche quotidiane. La proibizione dell'attivita' chirurgica era dovuta in parte anche alla considerazione sociale che questa pratica aveva: in un bando di Firenze del 1574 venne stilata una scala gerarchica dei mestieri, in cui il chirurgo occupava uno dei gradini piu' bassi. Un altro motivo di rifiuto dell'attivita' chirurgica a fini ricostruttivi era dovuto al fatto che molti interventi di ricostruzione nasale andavano a coprire un comportamento sessuale immorale: uno dei segni della sifilide infatti, era proprio la deturpazione del naso.

Dalla meta' del 1500 circa quindi la pratica chirurgica passo' nelle mani di barbieri e mestieranti che operavano clandestinamente, affidandosi all'esperienza piu' che ad una conoscenza scientifica.

Nel 1597 il vero punto di svolta importante per la chirurgia Plastica si ebbe con la pubblicazione dell'opera De Curtorum Chirurgia Per Insitionem, del medico bolognese Gaspare Tagliacozzi. Quest'opera e' da considerarsi il primo trattato di chirurgia plastica occidentale. Images
Images In esso il medico descrive attentamente la tecnica di ricostruzione nasale che prendera' il nome di "metodo italiano", suddividendola in piu' fasi. Essa traeva spunto proprio dalla tecnica utilizzata dalle famiglie italiane sopra citate ma implementata di numerosi migliorie procedurali tra cui l'utilizzo di strumenti specifici quali le fobici e le tenaglie. Nella ricostruzione del naso Tagliacozzi descriveva la tecnica: il tessuto che avrebbe ricostruito il naso (amputato spesso in battaglia come sfregio dai nemici) veniva prelevato dalla parte anteriore del braccio; tale tessuto cutaneo per non essere completamente devascolarizzato non veniva staccato completamente dal braccio ma se ne lasciava collegata la parte piu' lontana; il paziente doveva quindi rimenere in quella posizione faticosa e scomoda per circa un mese e per ridurre la fatica era stato progettato dallo stesso Tagliacozzi un apparecchio che sosteneva il braccio; una volta "attecchita" la cute sul naso si poteva quindi definitivamente staccare dal braccio il tessuto trasferito che veniva quindi modellato per creare un nuovo naso. Tale tecnica ha dato l'avvio alla moderna chirurgia plastica ricostruttiva.
Un'opera del genere poneva interrogativi etici: la medicina aveva il compito di curare, non di migliorare parti del corpo. A tali quesiti il medico bolognese rispondeva sottolineando come interventi di questo genere ridavano integrita' ad organi che la natura stessa aveva fornito, permettendo di compiere nuovamente le funzioni a loro attribuite.

Nell'800 riconoscendo l'importanza della chirurgia in ambito medico, soprattutto grazie lo sviluppo dell'anestesia, la chirurgia plastica trasse un notevole impulso. In particolare il termine plastica riferito ad un intervento chirurgico, apparve per la prima volta nella monografia di Carl Ferdinand Von Graefe, Rhynoplastik, nel 1818.

Nel '900. La Chirurgia Platica Ricostruttiva, rinacque come arte professionale, solo dopo la Prima Guerra Mondiale in risposta alle emergenze scatenate dalle guerre di trincea, tanto gravi dal punto di vista sociale quanto dal punto di vista chirurgico. Da ricordare l'istituzione nel 1915 del primo Corpo medico della Royal Army della quale fecero parte numerosi luminari della chirurgia ricostruttiva maxillofacciale definiti come la "prima generazione" di chirurghi plastici, tra cui Varaztad Kazanjian.
Dall'esperienza fornita dal fronte si noto' la necessita', come disse Sir Frederick Treves nel suo famoso Manual of Operative Surgery, di separare questa branca dalla chirurgia generale, proprio per le abilita' che essa richiedeva: ingegnosita', accortezza e attenzione per i dettagli. Risale invece al 1919 il manuale di chirurgia plastica pubblicato dal dott. John Staige Davis, Plastic Surgery, definito dall'eminente chirurgo plastico Frank McDowell " il primo testo in inglese valido con quel titolo ". Nonostante cio' erano ancora numerose le critiche a questi "ciarlatani" o "dottori della bellezza" che sfruttavano la bellezza come bussiness. Molti esponenti di questa scuola di pensiero, tra cui il rabbino Jakobovitz affermo' che la chirurgia estetica violava il giuramento di Ippocrate; Papa Pio XII, nel 1958 ammoni' i chirurghi plastici affermando che era moralmente illecito operare al fine di aumentare il potere seduttivo, inducendo piu' facilmente gli altri a commettere peccato. Sindacati, movimenti sociali (tra cui il femminismo), sostenitori dei diritti civili si unirono alla causa mossa da coloro che non erano favorevoli all'avvento della chirurgia estetica, accusata di stravolgere il contesto sociale e culturale americano. Alla fine dell'estate del 1921 il dott. Henry Sage Dunhead insieme ai dott. Truman W. Brophy e Frederick B. Moorehead costituirono l'Associazione Americana di chirughi plastici (Aaps, American Association of Plastic Surgeons), di cui fu presidente Joseph E. Sheehan, noto chirurgo plastico americano; grazie a questo avvenimento la chirurgia plastica iniziava a diffondersi piu' come fenomeno culturale che come medico. Nell'agosto del 1923 l'attrice e star Fanny Brice si sottopose a rinoplastica, fornendo un forte impulso e visibilita' della chirurgia estetica nella societa' nordamenricana.

In Italia, il piu' grande esponente del Novecento in questo settore fu Sanvenero Rosselli. Dopo aver studiato chirurgia plastica a Parigi, Rosselli torno' a Milano per lavorare in una clinica per i feriti di guerra. In quella situazione diede avvio ad un'attivita' concentrata nel settore ricostruttivo. Ando' avviandosi un vero e proprio riconoscimento scientifico di questa branca.

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